sabato 1 ottobre 2022

Percorsi nell'arte moderna a Vasto

Si è conclusa domenica 25 settembre la mostra percorsi nell’arte moderna Italiana,allestita e curata dalla galleria d’arte Sangallo, che ci presenta opere di grafica, multipli e pezzi unici scelti dal gallerista. Una vera novità per la nostra città. Una novità che riaccende la speranza in me storica dell’arte e nei miei colleghi collezionisti. Non posso che fare i complimenti per la passione ed il coraggio di creare una galleria d’arte moderna in una città di provincia, silente dal punto di vista culturale, poco incline alle manifestazioni e alle occasioni di approfondimento nel mondo della storia dell’arte. Ammirare opere di Accardi, Burri, Pistoletto, Paladino fino a De Chirico e Rotella a Vasto è un vero piacere. Osservare da vicino artisti che, come afferma l’autore della presentazione dell’esposizione “hanno aggiunto ai libri di storia dell’arte dei capitoli fondamentali come quelli dell’arte povera della transavanguardia” è un vero diletto. Avvicinare l’arte del 900 al grande pubblico è sempre una lodevole iniziativa, perché da quando il figurativo lascia il posto a manifestazioni artistiche non di immediata comprensione, poco inclini ad essere interpretate, spiegate e fatte proprie, il pubblico si è allontanato, sopratutto quello con un occhio non educato e spirito poco sensibile. Ma storicamente è proprio quando l’arte non è più solo figurativa che diventa più democratica. Come afferma Walter Benjamin già nel 1936, nel saggio “l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” l’opera d’arte privata della sua aura, diventa accessibile al grande pubblico. Fondamentale è il ruolo delle gallerie che ci ricordano come il mercato dell’arte sia diventato più democratico grazie alla riproducibilità delle opere, le tecniche di grafica e i multipli d’autore, stampe realizzate in tiratura limitata. L ‘arte può entrare così nelle case di molti, dei sensibili, degli appassionati, di chi ama circondarsi del bello. Un seme nel vuoto che ci circonda e per la mia città che sia di buon auspicio per il futuro, che possa crescere e diventare sensibile anche sotto questo punto di vista.

giovedì 31 maggio 2018

l'Impressionismo, la rivoluzione dell'attimo fuggente

l’Impressionismo è il movimento della modernità e si può legittimamente considerare come il più famoso e amato dal grande pubblico. Il termine Impressionismo indica nella storia dell’arte il movimento pittorico apparso in Francia a partire dagli anni 1860-1865 come reazione ad un certo tipo di pittura accademica di segno ora neoclassico, ora romantico ora realista. Le opere di questo movimento evocano l’impressione luminosa e fuggitiva di un paesaggio urbano e rurale. Gli Impressionisti osservano ciò che l’universo mostra e ne rendono testimonianza attraverso la pratica pittorica. La prima mostra ebbe luogo nel 1874 a Parigi nella studio del fotografo Nadar, in tale occasione passata poi alla storia, il giornalista e critico L. Leroy ironizzò di fronte al quadro di Claude Monet Impression, soleil levant, del 1872, definendo “scuola degli impressionisti” Monet stesso e altri pittori presenti alla esposizione, come Camille Pisarro, August Renoire, Alfred Sisley e Edgar Degas. La derisione con cui il critico usava il temine impressionista incitò questi artisti non ad abbandonare questo nuovo stile pittorico, non a farsi influenzare negativamente dalle critiche ma a fare propria tale definizione. Orgogliosamente e caparbiamente ripresero il questo termine utilizzandolo anche come titolo per la loro rivista d’arte l’Impressionisme, journal d’art. Ma cosa facevano effettivamente questi giovani artisti? Nel costatare che un paesaggio si modifica in funzione delle condizioni climatiche volevano fissare sulla loro tela attraverso l’uso di colori prevalentemente chiari, una sensazione istantanea e vibrante. Il sole filtrato dalle foglie, i giochi dei riflessi nell’acqua o le volute del fumo dei treni, diventano protagonisti e sono resi sulla tela attraverso l’impego sistematico di pennellate sovrapposte. Esaltare l’intensità della luce nel colore con lo scopo di dipingere la fugacità dell’instante. Questa modernità di pensiero e di resa pittorica trasformò in maniera alquanto radicale il concetto stesso di pittura legandolo a quello di durata temporale e di soggettività. L’Impressionismo e la sua rivoluzione dell’attimo fuggente è il più alto esempio di cosa si può ottenere dipingendo en plen air….

venerdì 18 maggio 2018

Dipingere all'aria aperta

Pillole di storia dell’arte Chi sono i Barbisonniers? Intorno all’anno 1824 durante i mesi estivi, nella foresta di Fontainebleau, vicino al villaggio di Barbizon a circa cinquanta chilometri da Parigi, colonie di artisti, si riunivano per dipingere lontani dalle sollecitazioni e dalla frenesia della vita cittadina immersi nella natura e nei suoi effetti luministici. Attenti alla rappresentazione della realtà contadina e ai fugaci giochi della luce e dell’atmosfera questi artisti avevano l'intento di accorciare la tradizionale distanza fra il bozzetto eseguito all’esterno e il quadro ultimato tra le mura dell’atelier. La figura centrale di questo gruppo chiamato “Scuola di Barbizon” era Theodore Rousseau (1812- 1867), il quale dopo aver visto rifiutati i suoi dipinti dalla giuria del Salone Parigino, decise di stabilirsi nel villaggio di Barbizon concentrandosi sulla rappresentazione del paesaggio e della foresta. La natura incontaminata, ricca di macchie di colore
improvvisamente illuminate dalla luce del sole era lo sfondo ideale per la rappresentazione della vita dei campi e delle emozioni che esse suscitava nel pittore. Molti artisti si avvicinarono alle idee di Rousseau e decisero di intraprendere questo innovativo percorso tra cui Millet, Corot, Daubugny. Ognuno di essi contribuì ad una nuova visione della realtà, fatta di effetti cromatici luminosi, istantanei, fuggitivi, legati alla mutazione del tempo e delle stagioni. A Charles Francois Doubigny guardarono poi gli Impressionisti attratti dalla sua pennellata leggera, meno densa e materica, rispetto a quella di suoi colleghi, ne portarono avanti gli studi, riuscendo a fissare sulla tela la fugacità dell’istante arrivando quasi all’astrazione delle forme che si dissolvono nelle infinite variazioni cromatiche rese dalla luce…ma questa è un'altra storia…

martedì 7 gennaio 2014

La riscoperta della mia regione...

Vi racconto oggi una breve gita nell'Abruzzo montano. Partenza da Vasto, dal B&B Il Fratino e la Cicala, destinazione Villa Santa Maria: la città dei cuochi! Con circa 40 minuti di viaggio e percorrendo la fondo valle Sangro si arriva a Pietraferrazzana piccolo borgo montano che prende il nome dalla imponente roccia che sovrasta l’intero abitato. A ridosso della “pietra” vi sono gli edifici del borgo antico, che pian piano scopriamo camminando in un dedalo di stradine, portici e vicoli stretti...un labirinto suggestivo, silenzioso e rilassante. Con un pò di buona volontà è possibile anche salire sull'imponente pietra per ammirare lo splendido paesaggio sottostante dove il Lago di bomba,bacino artificiale creato sul fiume Sangro, si distende dolcemente regalando uno spettacolo inaspettato. Riscendendo dalla roccia e proseguendo il nostro cammino giungiamo a Villa Santa Maria, patria di San Francesco Caracciolo di cui è possibile ammirare una statua a lui dedicata, posta nei pressi della casa natia. Uscendo dall'abitato troviamo la chiesa della Madonna in Basilica edificio costruito su impianto romanico con successivi restauri realizzati in epoche e stili diversi.Purtroppo non è stato possibile visitare il suo interno dove tra le altre opere è presente un dipinto raffigurante San Francesco Caracciolo e diverse tele dedicate alla Madonna a cui nel mese di agosto dal 9 all'11 qui viene dedicata una grande festa. La città di Villa Santa Maria deve la sua notorietà per essere la importante scuola di cuochi…che aimè non è stato possibile visitare…per il nostro pranzo l'istinto ci ha guidati verso l’agriturismo "La Casetta"…immerso nel verde, dove tra mobili antichi e al calore della stufa abbiamo gustato prodotti tipici abruzzesi...sulla via del ritorno non potevamo non fare una breve sosta presso di lago di Bomba. Una distesa di acqua immobile,silenziosa, la nebbia che sale dal fondo, gli alberi spogli che spuntano dall'acqua ci regalano una immagine suggestiva e romantica perfetta per concludere la nostra gita...Un itinerario semplice che consiglio a chi desidera trascorrere una giornata nel silenzio della montagna, con l'aria che rinfresca il viso e le mani; L'Abruzzo è per tutti coloro che desiderano incontrare tra piccole strade e viste mozzafiato uomini che si tolgono il cappello per salutare una signora...tradizioni di altri tempi che qui in Abruzzo non sono state dimenticate :)

lunedì 29 luglio 2013

IL PALIZZI RITROVATO


In un pomeriggio di metà estate si parla d’arte… Sarà possibile ammirare dal 31 luglio presso il Piccolo Circolo Garibaldino un inedito dipinto di Nicola Palizzi, una romantica e soleggiata veduta di Vasto datata 1853. Questo dipinto va ad aggiornare il corpus artistico di un pittore poetico e sognatore. La critica lo ricorda da sempre come un uomo cresciuto sotto l’ala protettrice dei fratelli maggiori, dal cui epistolario deriva in larga misura ciò che si conosce della sua vita. La sua minore fama rispetto ai fratelli Filippo e Giuseppe l’ha per lungo tempo condannato ad un ingiusta dimenticanza dal parte della critica. Forse anche a causa delle scarse fonti documentarie e della difficoltà a datare i suoi dipinti, nei secoli sono stati pochi quelli che hanno analizzato il suo percorso scorporandolo da quello dei fratelli maggiori riconoscendolo come un artista autonomo e completo, con un personale e ricco cammino. Ma come evidenzia Berardi nel suo saggio su Palizzi fortunatamente l’osservazione diretta delle opere e il confronto con le realtà italiane ed europee a lui contemporanee ci consentono di ripercorrerne il tracciato artistico. Da qui l’importanza di questa opera, fortunatamente datata, che va ad accrescere e aggiornare il percorso ricreato fino ad oggi. Muovendo dall’inizio di questa avventura artistica è bene ricordare ciò che conosciamo di Nicola. Sappiamo che si trasferisce a Napoli all’età di 22 anni, nel 1842, iniziando un percorso di praticantato artistico che all’epoca prendeva avvio intorno ai 12 /13 anni. Si iscrive al Real istituto di Belle arti di Napoli, centro di grandi fermenti culturali, idee innovative e liberali che si scontravano con il rigore dell’insegnamento accademico. Qui ha come insegnante il conterraneo Gabriele Smargiassi, di venti anni più grande di lui, al cui insegnamento si affianca prima quello del fratello Giuseppe, che nello stesso anno parte per Parigi, poi di Filippo che dopo poco lo lascerà per un suo personale percorso di crescita in oriente. Rimasto senza la guida dei fratelli, Nicola si avvicina agli artisti della così detta Scuola di Posillipo. Giovani artisti che al di fuori delle mura accademiche, sotto la guida di Giacinto Gigante, formano un sodalizio artistico i cui precetti sono incentrati sulla ricerca degli accordi cromatici e tonali e lo studio della luce. Riscoprono tra le bellezze di Mergellina e Marina di Chiaia il piacere di dipingere in libertà e alla luce del giorno. Si parla di ‘vero’ in questa scuola non allineata, della necessità di osservare la natura di ispirasi ad essa. Nasce cosi una nuova educazione artistica per Nicola che nonostante questa vicinanza segue comunque il normale e consolidato percorso accademico: prima l’esercizio sulle stampe, lo studio del rilievo, la copia delle statue, del nudo e solo alla fine l’approccio alla pittura. Nel 1848 vince il premio accademico che gli avrebbe permesso di trasferirsi per tre anni a Roma presso palazzo Farnese, ma i moti del 1848 generarono un clima di repressione da parte dei Borbone con conseguente sospensione delle trasferte degli artisti, cosi Nicola è costretto a restare Napoli. Sono gli anni un cui realizza dipinti con doppio registro, piccoli di impostazione vedutistica, che lo avvicinano agli esiti più moderni dal paesaggismo e della macchia, principi portati poi avanti dal suo allievo Michele Cammarano e dalla Scuola di Resina, e grandi opere con impostazione e carattere ufficiale, da presentare alle biennali borboniche, che riscuotevano grande successo, conferendogli notorietà. Si arriva cosi agli anni in cui Nicola inizia a viaggiare e realizza grandi vedute di marine, di rocce, di piazze e paesaggi, molte di esse conservate nella Pinacoteca Civica di Vasto. Grazie al dipinto che stiamo per ammirare scopriamo che nel 1853 torna nella natia Vasto. Realizza, probabilmente in estate, questa veduta panoramica del centro storico, visto da una certa distanza, ottenuta con toni rosati e con una composizione piacevole. Una resa immediata, con un punto di vista leggermente rialzato, che risponde ai classici canoni vedutistici, ma con una sintesi costruttiva che preannuncia gli esiti della “macchia”. L’organizzazione plastica e dello spazio, costruita attraverso piani di luce netti, che scandiscono la profondità è estremamente moderna; modernità che emerge chiara se lo si confronta con la coeva veduta di Vasto di Smargiassi. Dal paragone con le due opere emerge chiara la freschezza di visione dell’allievo. Siamo davanti all’opera di un giovane che omaggia il suo maestro, con un occhio attento all’innovazione. Il dipinto di Smargiassi è caratterizzato da una cromia più spenta, che predilige l’uso di colori neutri come gli ocra ed i marroni. Una tavolozza meno ricca di variazioni tonali e una costruzione spaziale che denota minore interesse verso la scansione di piani ottenuta da Palizzi attraverso nette linee orizzontali. Caratteristica questa che Nicola consoliderà negli anni a venire; anni in cui realizzerà dipinti di grandi dimensioni. Successivamnete Nicola si reca a Parigi, città che segnerà la vera svolta e che lo renderà un artista maturo e consapevole. Nuove esperienze lo porteranno ad avvicinarsi alla pittura a corpo, ad una sintesi costruttiva e che lo porta a realizzare una pittura possente, estremamente più moderna di quella dei fratelli maggiori. Il suo traguardo è la realizzazione di dipinti con una grande saldezza compositiva ed una modernità delle linee raramente raggiunta dai fratelli. L’analisi delle forme e della luce di Giuseppe, maggiormente da parte di Filippo tendono a deframmentare la forma, Nicola è in grado di individuarne e sottolinearne la solidità, la compattezza e le volumetrie delle forme. La critica si è occupata a fasi alterne di questo artista, spesso relegandolo ad un ruolo secondario e di contorno. Mi piace ricordare come proprio nell’anno della realizzazione di questo dipinto, nel 1853 il critico Carlo Tito Dalbono gli dedica il primo saggio critico. Dagli anni novanta, dopo un lungo periodo di diminuzione dell’interesse da parte del pubblico e della critica, per la pittura vedutistica e dei fratelli Palizzi, la figura di questo artista è riscoperta e rivalutata grazie alle ricerche di Mariantonietta Picone Petrusa, che per prima ne ripercorre le vicende, e anche grazie alle due importanti esposizioni realizzate a palazzo d’Avalos tra il 1999 ed il 2000. Segue di nuovo un periodo di oblio, ma nel 2008 con il testo “i Palizzi e il vero” si riaccendono riflettori su tutta la famiglia. Oggi con l’aggiunta di questo dipinto al percorso artistico di Nicola possiamo aggiungere un altro importante tassello che arricchisce la nostra conoscenza di questo illustre concittadino. La cui prematura scomparsa, subito seguita da quella del fratello minore Francesco Paolo, “decretò l’inizio della vecchiaia dei maggiori”, come viene ricordato nel testo di cui sopra.

venerdì 26 aprile 2013

IL CASTELLO DI PALMOLI

Da oggi ho deciso di parlare un pò delle bellezze architettoniche e paesaggistiche della mia regione....da circa un anno gestisco un bed and breakfast, mi sono accorta che molte delle persone che si trovano a passare in Abruzzo, non conoscono questa regione e spesso mi chiedono "ma cosa c'è da vedere?" questo mi ha portato a riflettere sul fatto che al di fuori dei confini regionali poco si conosce dell'Abruzzo...certo vi sono delle città balzate agli onori della cronaca, vedi L'Aquila, ormai dimenticata e Pescara...almeno in questi ultimi giorni ci siamo tolti un pò di polvere di dosso con le celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di Gabriele D'Annunzio....ma poi???cosa c'è in Abruzzo...bè vi assicuro che c'è tanto altro... A parte la mia Vasto, a cui dedicherò maggiori info più avanti vorrei parlare di Palmoli e del suo castello, forse perché nei miei giri domenicali ci sono capitata recentemente... PALMOLI soleggiato paese delle provincia di Chieti ha il suo fulcro nel castello marchesale edificato in epoca medioevale. Ubicato nel lato nord, in zona "Le Coste", il castello il cui primo impianto è stato realizzato probabilmente intorno al XIV secolo, ha una una torre dodecagonale cinquecentesca. Recentemente restaurato ospita il "Museo della Civiltà Contadina" dove è possiible ammirare alcuni oggetti e utensili di uso comune fino a circa 50 anni fa. Suppellettili, attrezzi per il lavoro nei campi, nelle cucine, tegami, vasi, e oggetti più disparati provenianti dalle case del paese e del corcondario, costituiscono questo interessante museo che vuole evocare un perido della nostra storie e ricordare quali furono le usanze domenstiche degli abruzzesi. L'ambiente è reso ancora più interessante da foto e documenti che arrichiscono ulteriremtne il percorso museale.

giovedì 21 febbraio 2013

MUZII, LEGNI E SEGNI, l'anima, la poesia, il gesto

A distanza di un anno, o poco più, eccomi nuovamente a parlarvi di Giuseppe Muzii. Questa volta l'artista, nonchè amico, espone una selezione delle sue opere presso il Museo delle Genti d'Abruzzo a Pescara. Sarà possibile ammirare i suoi lavori fino al 24 febbraio quindi affrettatevi !!!! Per maggiori info sulla sua arte e sul suo 'poetare con i legni' vi rimando al post precedente!!!! ciao!!!! P.S. ORARI APERTURA MOSTRA lun- ven 9-13 sab- dom 16-19 INGRESSO LIBERO www.gentidabruzzo.it